venerdì 1 novembre 2013

Renzi e le frecce (spuntate) di Freccero


Tocca a Carlo Freccero, questa settimana, interpretare il duplice ruolo di custode dell’identità (presunta) della sinistra e di castigatore del sindaco di Firenze. Prima nel corso di Piazza pulita, poi con un editoriale sul Manifesto, l’autore e manager televisivo mette in fila le classiche trite tesi per distruggere l’eretico bimbaccio (talmente trite che nemmeno sente la responsabilità di spiegarle). Peraltro, in aperta contraddizione tra loro (per esempio, Renzi sarebbe allo stesso tempo berlusconiano, democristiano e “americano”). Così, criticare le cinque tesi di Freccero vuol dire, di fatto, criticare la posizione di quella sinistra dogmatica che oggi si sente minacciata dall’onda della Leopolda.   

1 - Renzi è il nuovo Berlusconi
I motivi? Sono tre: continuità di programmi e contenuti, comunicazione senza contenuti, linguaggio generalista e inclusivo. Si tratta di argomenti infondati.
Intanto, la capacità di avere un linguaggio inclusivo non è un macchia, bensì un pregio per un leader che deve avere la capacità di conquistare la fiducia e le preferenze dei cittadini: per chi immagina di rivolgersi soltanto ai fedeli della propria parrocchia questo ovviamente è un problema.
Quanto alla comunicazione è veramente ardito rinvenire continuità tra l’impero economico-mediatico di un tycoon che ha corrotto e acquistato tutto ciò che si trovava davanti (compresi i magistrati) e un bimbaccio che ha commesso tutt’al più il tremendo peccato di aver partecipato in gioventù alla… Ruota della fortuna (questa sì che è continuità!).
E i contenuti? Da una parte, c’è un ventennio costruito sulla finta guerra antipolitica, sull’immobilismo, sulla difesa delle corporazioni e sul colbertismo economico. Questo ventennio ha prodotto l’ulteriore aumento della spesa pubblica e del debito pubblico facendo dell’Italia il paese più impreparato di fronte alla crisi. Dall’altra, un giovane amministratore che vuole ridare fiducia alla politica – forse la cosa più di sinistra di questi tempi, ha notato nel suo blog su L'Espresso, Marco Damilano – e, allo stesso tempo, ha fondato tutta la sua vicenda sulla rottamazione, espressione rozza certo, ma che esprime quella radicale domanda di trasformazione e di ricambio (anche generazionale) che in Italia è ormai “il” tema per eccellenza: basterebbe chiederlo alle imprese che muoiono ogni giorno, abbandonate o vessate dallo stato che le dovrebbe mettere in condizione di lavorare o ai giovani disoccupati italiani che oggi rappresentano il 40 per cento della popolazione giovanile potenzialmente attiva, una cifra semplicemente pazzesca per un paese che sta ancora tra le 10 economie più importanti del pianeta.
La domanda di Freccero - “con Renzi finisce il berlusconismo?” – in verità andrebbe formulata diversamente. Semplicemente, in questo momento di crisi del berlusconismo, la sinistra può cogliere l’occasione giusta per quella evoluzione che avrebbe dovuto già realizzare con la fine dei blocchi e della Prima Repubblica. E che ha rimandato di venti anni a causa dell’apparizione del Cavaliere. Con la decadenza di Berlusconi ha finalmente l’occasione per farlo. E Renzi rappresenta proprio quell’ulivismo che le oligarchie sono riuscite finora a boicottare.

2 - Renzi è un sempliciotto ma i problemi sono complessi
Il “benaltrismo” è uno dei tic più tipici della sinistra classica. Appena qualcuno pensa di poter affrontare e risolvere un problema con soluzioni chiare ed efficaci suona l’allarme. Anche grazie a questo tic abbiamo l’amministrazione pubblica più inefficace e improduttiva del mondo occidentale, la classe dirigente più vischiosa e inutile, le istituzioni perennemente incapaci di decidere. In compenso abbondiamo di consulenti e consiglieri del principe, di intellettuali organici e di complemento, di gente incapace di risolvere problemi ma abilissima nel moltiplicarli, di professionisti del piagnisteo del tutto disinteressati dalla ricerca delle soluzioni. Plotoni di politicanti e intellettuali inutili che fanno mille convegni contro il liberismo selvaggio e la globalizzazione perché così è sempre colpa di qualche nemico esterno e la coscienza è salva. Ecco, del Freccero diffuso che vive nel corpo della sinistra italiana proprio non se ne può più. E Renzi ha solo la responsabilità, ad oggi, di averlo capito benissimo.

3 - Renzi non è di sinistra
Il sofisma di Freccero è “perfetto” (quasi come il delitto): “Renzi dice che se la sinistra non cambia è di destra. Ma se la sinistra cambia diventa destra”. Chi ha ascoltato o letto le parole del sindaco di Firenze può trovare una spiegazione più seria e meno rocambolesca. Non sono in discussione i valori e i principi, ma il modo in cui questi devono essere realizzati in questo tempo e gli strumenti adatti per farlo. Non è detto, per esempio, che in questa fase storica possa essere utile un’economia pianificata dallo Stato, né un illimitato aumento della spesa pubblica e della tassazione: chi la pensa così sarà anche di sinistra, ma è fuori dalla storia e dalla realtà e contribuisce a impoverire ulteriormente proprio quelli che vorrebbe aiutare. Continuare a pensare che le imprese siano ancora il nemico quando è grazie all’azione di piccoli e grandi imprenditori che la vita è migliorata per tutti, anche per i più poveri, è follia. Pensare che la meritocrazia non sia una cosa di sinistra significa tra le altre cose, per esempio, continuare a condannare i nostri giovani ad essere i meno preparati d’Europa. Questa devastazione, purtroppo, non è solo responsabilità del berlusconismo, ma anche della sinistra conservatrice. Gli esempi potrebbero continuare. E confermerebbero che l’argomento di Freccero è capzioso, il solito frutto di uno schema dogmatico.

4 - Renzi è l’erede della Democrazia cristiana
Pensiamo a Freccero e riusciamo a immaginare che cosa significhi per lui la Democrazia cristiana: la politica dei sussurri e delle allusioni, delle eterne e ripetitive liturgie parlamentari, dell’eterno rinvio di decisioni divisive, della perenne ricomposizione di equilibri e compromessi. E tutto questo sarebbe Renzi? E come fa tutto ciò a conciliarsi con l’eredità del berlusconismo? No, davvero, non si può andare oltre: viene proprio da ridere di fronte alla complessità di queste analisi.  

5 - Renzi vuole fare l’amerikano
Infine, dice Freccero, la Leopolda ricorda le presidenziali americane. E allora? Qui siamo proprio nel campo dei tabù: non si vede perché debba sconvolgere tanto il fatto di ispirarsi ad una democrazia – quella americana – che è tra le più antiche e solide del mondo, capace di garantire da sempre l’alternanza e l’efficacia dei governi. Dovrebbe sapere, poi, Freccero, che la tecnica dei tavoli rotondi tematici è uno sperimentato metodo di partecipazione adottato normalmente nelle consultazioni europee e internazionali: basta frequentare una qualsiasi assemblea organizzata da una ong o dalle istituzioni comunitarie. Infine, la classica critica al ‘fare’. Ennesimo tic di una intelligencija verbosa, da sempre disinteressata ai risultati concreti per i cittadini e affezionata solo ai proclami.


Per concludere: è giusto criticare Renzi, sia come sindaco sia come candidato. Anzi, il bimbaccio sarà sempre più criticabile man mano che cresceranno la sua esposizione e le sue responsabilità. Ma la critica fatta soltanto sulla base di pregiudizi antropologici e ideologici non aiuterà nessuno, tranne quelli che vogliono congelare il paese e la sinistra per altri vent’anni.


@vittorioferla