venerdì 30 novembre 2012

Monti ricordi: la salute è il nostro futuro. Sostenibile


"Sostenibilità", ha detto Monti, a proposito del Servizio sanitario nazionale. E giù dibattiti e polemiche, spesso prive di fondamenti e dati seri. Troppa ideologia, ma anche troppa superficilità. Non si gioca così sulla pelle dei cittadini.
Sostenibilità: una parola che ha una strana storia. Ieri era il senso del nostro futuro. Ci mostrava la via giusta per rendere vivibile il mondo che abitiamo. Per conservarlo e tutelarlo. A vantaggio delle nostre condizioni di vita e della nostra vecchiaia. Ma anche a beneficio dei nostri figli e dei nostri nipoti. Ci diceva qualcosa sul modello di sviluppo preferibile per salvaguardare beni comuni che sono minacciati. L’acqua, l’aria, la terra. Beni comuni. Beni che tutti possono utilizzare. Ma che facilmente vengono sciupati. Esposti al rischio di consunzione. E allora il mondo sostenibile è stato finora – e soprattutto potrà essere – quello che tiene in conto queste minacce. Che vive di riforme strutturali importanti in campo economico, sociale e politico. Che influenzano la nostra vita quotidiana, i nostri stili di vita, il nostro benessere fisico, sociale e culturale. Il mondo sostenibile è quello che riproduci oggi per garantire (anche) alle generazioni future di vivere una vita degna di questo nome.

Il perimetro dei costi
Oggi la sostenibilità si trasfigura. Diventa il criterio economico che misura l’ampiezza del nostro diritto. Il sistema di limiti contabili che segna il perimetro delle nostre legittime aspettative di tutela. Chi scavalca questi parametri economici, diventa un intruso, uno sbrego, una scocciatura. Capita ai malati afflitti da cronicità. Agli anziani non più autosufficienti. Agli invalidi permanenti e inguaribili. Non ci sono più soldi, dicono gli assessori alla salute e i ministri dell’economia. Ovviamente, è sempre colpa di chi li ha preceduti. O del governo nazionale che stringe la cinghia. C’è una strana stagione dell’austerità che non si abbatte sui consumi, ma sui diritti fondamentali. Come il diritto alla salute. E così il governo spegne il fondo per la non autosufficienza. Le regioni tagliano i servizi. L’Inps perseguita gli invalidi. I malati, i cronici, gli anziani diventano un costo. Si è ridotta a questo la sostenibilità.

martedì 27 novembre 2012

Allarme Primarie: Il circolo del golf PD invaso da orde di cittadini!




Ma che belle le primarie! Ma che bravi questi elettori! W la festa della democrazia!", canta così, in ogni day after, la retorica dei gruppi dirigenti e dei commentatori di complemento. Il papà partito ti fa fare un bel 'bagnetto' di partecipazione: vieni a sguazzare anche tu! Ti dà l'occasione per ripulire il tuo sporco populismo: non perderla! Lancia al popolo un po' di brioches democratiche (schede, firme, timbri, file, attese): addenta anche tu un po' di democrazia! Mette in scena una bella fiction per riprendersi una legittimazione sempre più evanescente: guarda che spettacolo! Cerca di riconquistare gli affetti in libera uscita: restituisci la tua astensione agli apparati!
Ma i cittadini si sono un po' stufati di queste storielle edificanti. La partecipazione dei più di tre milioni di italiani alle primarie del "csx" dice qualcosa di più. Che il voto è una cosa seria e può servire a scardinare meccanismi e sovrastrutture consolidate.

venerdì 23 novembre 2012

Renzi vs Bersani: due programmi alternativi



 
Il 25 novembre si svolgono le primarie per l'indicazione del candidato premier del centrosinistra promosse dal Partito democratico e dagli altri – SEL e PSI - che insieme formano la coalizione. In vista di questo appuntamento, e utilizzando il filtro valutativo proprio dell'approccio della sussidiarietà, vale la pena analizzare i programmi dei concorrenti - Pierluigi Bersani e Matteo Renzi - che più di altri stanno animando il dibattito e che, con ogni probabilità, si contenderanno il successo finale.
La Carta d'Intenti si presenta come piattaforma comune. Il programma di Renzi, viceversa, rappresenta il singolo candidato.
Bisogna osservare subito una certa asimmetria, se non anomalia. La Carta d'Intenti si presenta come una piattaforma comune: nasce come espressione della segreteria di Bersani e diventa orizzonte di tutta la coalizione. Il programma di Renzi, viceversa, rappresenta davvero il programma del singolo candidato.

La sussidiarietà nei programmi

Nel programma di Bersani la sussidiarietà è presente in modo del tutto residuale laddove si sostiene che "a sua volta l'autogoverno locale deve offrire spazi e occasioni alla sussidiarietà, alle forme di partecipazione civica, ai protagonisti del privato sociale e del volontariato". Il tema è posto correttamente sotto la voce 'Beni comuni' e tuttavia non riveste alcun carattere strategico, manca di sviluppi concreti e coerenti, né tantomeno sembra ispirare trasversalmente la proposta politica del segretario. Il ruolo del terzo settore appare nel contesto sacrificato ad una dimensione ancillare rispetto alle responsabilità delle amministrazioni pubbliche centrali e locali. Al contrario, il programma di Renzi, con qualche ambizione, dichiara che la sussidiarietà sarà il filo conduttore della proposta del sindaco di Firenze: "Il modo più semplice per far ripartire l'Italia è investire sugli italiani". Renzi promette di "ripartire dall'Italia che funziona". A questo scopo, cita i Comuni "che, nonostante i tagli, continuano ad assicurare servizi di qualità e un vero modello di civiltà e di buongoverno"; le aziende "che, nonostante la crisi, hanno saputo adattarsi al nuovo scenario competitivo e oggi tengono alto il nome del nostro Paese nel mondo"; infine, "le mille associazioni e realtà del terzo settore che tengono insieme le nostre comunità e fanno dell'Italia un Paese sul quale vale ancora la pena scommettere".

La questione dei beni comuni

Il tema dei beni comuni è un ancoraggio forte nella Carta d'Intenti. Usato nel titolo, come attributo dell'Italia, viene sviluppato in un paragrafo specifico. E tuttavia, lascia un sapore che sa troppo d'antico. I beni comuni sono soprattutto intesi come il territorio protetto del pubblico 'statale': "beni indisponibili alla pura logica del mercato e dei profitti" nell'ambito di una alternativa banalmente binaria tra Stato e mercato. Tant'è vero che, secondo questo programma, questi beni - l'energia, il patrimonio culturale e del paesaggio, le infrastrutture dello sviluppo sostenibile, la rete dei servizi di welfare e formazione - devono vivere in un "quadro di programmazione, regolazione e controllo sulla qualità delle prestazioni". In questo quadro "non può venir meno una responsabilità pubblica dei cicli e dei processi, che garantisca l'universalità di accesso e la sostenibilità nel lungo periodo". Fatta salva la political correctness del richiamo ai beni comuni, il documento non indica proposte concrete né impegni precisi, e, soprattutto, non spiega come coinvolgere davvero le risorse umane, sociali e amministrative citate. E qui veniamo al punto.

La riforma dell'amministrazione pubblica

Un ragionamento serio sulla sussidiarietà non può fare a meno di soffermarsi sull'arretratezza dell'amministrazione pubblica italiana. Su questo punto, la Carta d'Intenti è completamente evasiva. Viceversa, il programma di Renzi ci ritorna su più volte. Come si legge nel documento, "troppo spesso, da noi, si pensa che basti il comma di un decreto legge partorito in qualche Ministero a cambiare le cose. Nove volte su dieci non funziona: perché chi ha scritto quel comma parte da un'idea astratta, anziché immergersi nella complessità del reale. Il risultato è il sistema pubblico con il maggior numero di leggi e il minor numero di risultati tra le grandi democrazie occidentali". La riforma dello Stato è affrontata come una vera e propria emergenza che riguarda la qualità della spesa pubblica, la superfetazione di enti e strutture inutili e costosi, la mancanza di trasparenza e di accountability degli amministratori pubblici, l'arroganza, iniquità e irrazionalità delle misure fiscali, la complessità e l'opacità delle procedure e delle azioni amministrative, e via elencando. Su questi punti il programma del sindaco di Firenze è molto ricco di proposte concrete: l'adozione del Freedom of Information Act per garantire la trasparenza totale, l'introduzione della valutazione e del merito nella PA, la semplificazione di leggi e procedure, misure per rendere più efficiente ed efficace la risposta del sistema giudiziario, misure per la condivisione e la digitalizzazione delle informazioni, il recupero delle risorse sottratte allo stato a causa dell'evasione fiscale e della corruzione. Senza un'amministrazione agile e amichevole nei confronti dei cittadini, la sussidiarietà resta una chimera.

La promozione del capitale umano e sociale

Ma la sussidiarietà si fonda sulla libertà solidale e responsabile di cittadini che costruiscono tutti insieme il futuro comune. In questo momento storico, l'Italia appare bloccata sotto una cappa fatta di rendite, inefficienze e privilegi . Una cappa che comprime quella libera pratica di talenti, capacità e competenze che sta alla base dei processi sussidiari, dello sviluppo umano e di una maggiore giustizia sociale.
La Carta d'Intenti di Bersani contiene riferimenti molto importanti ai temi del lavoro, della formazione e dell'uguaglianza. In particolare, convincono l'attenzione verso il lavoro dei giovani e delle donne, così come convince l'accento sul pericoloso aumento delle diseguaglianze nel nostro paese. Nel programma di Bersani – che ospita diversi inviti alla 'riscossa civica' – "parlare di uguaglianza significa guardare la società con gli occhi degli ultimi". Tuttavia, al di là di richiami assai condivisibili, resta forte ancora una volta la sensazione di poca concretezza. Il programma renziano, fin dalla sua premessa, sia sul piano dell'impatto linguistico che sul piano delle piste di lavoro, sembra andare dritto al punto. L'Italia non è la terra del declino, ma "un Paese stracolmo di capacità e di energie". Si invita a puntare sulla "unica risorsa naturale della quale dispone in abbondanza: il talento degli italiani". Sostiene che "non ha senso proporre l'ennesima ricetta calata dall'alto. Quel che serve è un'occasione per mettere in rete le migliaia di idee e di esperienze che fanno dell'Italia un Paese molto migliore di come ce lo raccontano i media e la politica". Sono numerose le misure concrete suggerite per valorizzare il capitale umano e sociale, punto di partenza necessario e indispensabile per l'affermazione di quella sussidiarietà che può dare nuovo slancio al Paese.

Il welfare come investimento

In questo senso, pare assai azzeccato il capitolo dedicato al welfare. Questo non è più una mera "funzione del lavoro" come viene trattato, in modo un po' retrò, nel programma bersaniano. Con il rischio di restare schiacciato nella vecchia logica dell'assistenza e dei sussidi collegati alla dimensione lavorativa o alla struttura occupazionale. Il welfare, secondo Renzi, diventa il fondamento stesso dello sviluppo, mettendo al centro le persone. "Un welfare orientato all'obiettivo di consolidare la coesione sociale e contrastare ogni fattore di discriminazione non si limita a fornire ai cittadini in condizioni di rischio assistenza e sussidi economici secondo una logica risarcitoria, ma guarda in maniera dinamica e attiva alla valorizzazione di ogni persona come risorsa per sé e per la comunità, qualsiasi sia la sua condizione: anagrafica, economica, formativa, di salute". Per raggiungere questo obiettivo di inclusione si offrono diverse misure (che qui non si possono elencare, ma sulle quali val la pena aprire un dibattito), si promette di coinvolgere i cittadini e si promuove la centralità del ruolo del terzo settore. E, soprattutto, si raccolgono le sfide di un moderno welfare di comunità - che attende ancora di essere discusso e costruito a partire dalle sue variabili: pubblico, locale, aziendale, sindacale, cooperativo - per offrire servizi alle persone, investire sulle capacità e garantire occasioni di libertà e di sviluppo umano.

Non sempre 'carta canta'

Per concludere. Qualsiasi programma scritto sulla carta può rimanere tale: è il limite di un esercizio di valutazione come quello che qui abbiamo tentato. Allo stesso tempo, bisogna riconoscere che un programma politico – a seconda di come viene redatto – può essere più o meno accountable. In questo senso, la Carta d'Intenti, costruita come una piattaforma statica, si incarica di definire (forse in modo troppo ampio e vago) il perimetro dei valori comuni, piuttosto che di indicare le misure precise per realizzarli. In questa maniera rende impossibile ogni verifica di coerenza e di efficacia, rimanda e delega ogni intervento concreto al confronto (e al conflitto) tra le forze della futura maggioranza, solleva nei lettori il sospetto di una mancata assunzione di responsabilità nei confronti dei cittadini chiamati al voto. Oppure, più semplicemente, rassicura il cerchio stretto degli elettori che hanno già deciso.

Tutto all'opposto, il programma di Renzi entra molto di più nel merito delle questioni e formula numerose proposte concrete: condivisibili o meno, ma verificabili. Anche qui non mancano rischi: offrire ricette complete può scatenare sospetti di propaganda e scontrarsi con la necessità reale delle mediazioni.

Tutto questo non possiamo ancora saperlo. Però, possiamo conservare le 'carte'. E rileggerle a tempo debito.


@vittorioferla

v.ferla@cittadinanzattiva.it
 

martedì 20 novembre 2012

L'Ufo di Montezemolo atterra negli studios della politica italiana


C'è un 'Ufo' diretto "Verso la Terza Repubblica". E’ atterrato sabato 17 novembre negli studios di via Tiburtina a Roma. E da sabato sera siamo tutti autorizzati a partecipare allo spettacolo delle interpretazioni e delle previsioni.
Luca Cordero di Montezemolo ha definito il neonato movimento civico, liberale, popolare e riformista.
Civico. Ma non si capisce in che senso venga usato l’attributo, rubato a quelle forme di impegno nella società civile, normalmente terze e apartitiche. Forse semplicemente perché non è un partito? Se fosse così sarebbe un po’ poco, dal punto di vista dei contenuti. E tuttavia quest’essenza civica – proprio perché non si sa cosa sia – attira. E può diventare intrigante per quella massa di elettori pronti all’astensione, ma in cerca di novità credibili. E disponibili a premiare chi non sguazza nelle paludi della politica tradizionale.

lunedì 19 novembre 2012

Sanità italiana: aiuto, mi si sono ristretti i servizi!



Gli effetti della crisi cominciano a farsi sentire nella vita dei cittadini. Basta guardare la sanità pubblica. Che con i tagli degli ultimi anni - almeno 17 miliardi con i governi Berlusconi - continua a peggiorare.
Lo dimostra l'impennata di segnalazioni dei cittadini (26.470 nel 2011) ai telefoni del PIT Salute, il servizio di assistenza di Cittadinanzattiva. Con la riduzione delle risorse, sommata ai tradizionali problemi del sistema sanitario nazionale, diventa sempre più un problema l'accesso ai servizi (dal 9,7 per cento di segnalazioni del 2010 si passa al 10,8 per cento del 2011). Lo stesso accade per l’assistenza ospedaliera (dal 7,2 per cento del 2010 al 7,4 per cento del 2011): in quest'ambito i cittadini segnalano, in particolare, disagi nei settori delle emergenze-urgenze (118 e Pronto Soccorso) con un dato elevato e costante (dal 41,4 per cento nel 2010 al 43,8 per cento nel 2011), con poche vetture attrezzate e medici a disposizione. Facile immaginare come una simile situazione pregiudichi la tempestività e l’appropriatezza dell’intervento sanitario.

domenica 18 novembre 2012

La prima riforma da fare? Date più asili ai nostri bambini


Mentre le pagine dei giornali rimbombano di spread, fiscal compact, deficit spending, spending review, fiscal cliff, e via elencando, arriva ogni tanto qualche notizia dal mondo reale. Quel mondo dove vivono le famiglie, i cittadini, le persone.
Il recente dossier a cura dell’Osservatorio prezzi & tariffe di Cittadinanzattiva sull’offerta di asili nido comunali ci dice che le strutture sono diffuse nel territorio in maniera ancora troppo difforme. Gli obiettivi europei, poi, sono lontanissimi.
Le strutture comunali in Italia sono più di 3.600 e soddisfano circa 147mila richieste di iscrizione. Ancora insufficienti, perché i genitori di un bambino su quattro (il 23,5 per cento) restano in lista d’attesa e sono costretti a rivolgersi altrove. Il servizio è garantito in meno di un quinto dei comuni italiani.

mercoledì 14 novembre 2012

Ma sulla corruzione i Fantastici 5 ricordano più Galactus

Chi ha letto i fumetti - o ha visto il film - dei “Fantastici 4”, sa chi è Galactus. Un mostro gigantesco, umbratile e silente, ricoperto da un’armatura blaugrana e da un casco con le corna, più grande dei pianeti che deve divorare per poter sopravvivere. Contro di lui, i Fantastici 4 conducono una battaglia epica. Aiutati da quel Silver Surfer che – corrotto e schiavizzato da Galactus – gli procurava il cibo (cioè i pianeti) da mangiare.
Se vogliamo cazzeggiare ancora un po’ con questo paragone tra i Fantastici 5 (cioè i Fantastici 4 più il povero Tabacci nei panni - nientepopodimeno - di quel romanticone, algido e atletico, di Silver Surfer), dobbiamo dire che l’Italia il suo Galactus ce l’ha. E’ la corruzione che divora ogni anno le risorse di questo paese – la Corte dei Conti parla di 60 miliardi l’anno – bruciando opportunità di crescita e di sviluppo. Oggi sappiamo che, a causa di questo Galactus de noantri, di questo mostro divoratore, le istituzioni democratiche sono messe a repentaglio: basti pensare alla cattivissima salute delle nostre amministrazioni pubbliche. E i cittadini hanno meno servizi e garanzie: per rifocillare la ‘bestia’, alla fine, si aumentano le tasse, si annullano le detrazioni fiscali, si tagliano le indennità ai disabili, si aumentano le tariffe dei servizi pubblici.

domenica 11 novembre 2012

Elezioni in Italia e in USA. Un oceano di mezzo


7 novembre 2012. Mentre l'Italia ancora si stropiccia gli occhi, l'America va. 
L'oceano di mezzo è ancora più grande.
In poche ore i cittadini americani hanno un nuovo Presidente. Senza se e senza ma. Senza quorum. Senza premi di maggioranza. Senza liste bloccate. Senza tre o più preferenze. Senza i 'partiti del ventre' (questa l'ha inventata Gobetti, chiedete a lui...). Senza clan personali autoproclamatisi partiti. Senza mezze coalizioni. Senza grandi coalizioni (che poi è la stessa cosa). Senza formule alchemiche (progressisti e democratici, centro più sinistra, centrosinistra senza trattino, progressisti più moderati, statalisti vs liberisti, e via cianciando, libertà-si-ma-solo-se-lo-stato-e-il-partito-sono-d'accordo). Senza governi di salvezza nazionale. Senza politici che fanno finta. Senza notabili a disposizione (Galli Della Loggia dixit). Senza tecnici che rispondono soltanto al loro ristretto establishment.
L'oceano di mezzo è ancora più grande.
Ieri su Facebook. Un mio amico, autorevole intellettuale di sinistra, posta: "In bocca al lupo, Obama!" Rispondo: "Anche perché in Italia, con questa legge elettorale... c'è un oceano di mezzo...". E lui: "purché non pensiamo che il problema italiano sia la legge elettorale: su questo abbiamo già dato".
Sarà. Ma abbiamo dato il nostro peggio. Invece le istituzioni sono importanti. Se non funzionano bene, i cittadini non hanno il potere di decidere e le politiche pubbliche restano affare delle caste. In Parlamento, proprio nel giorno dell'Obama-day, passa una norma elettorale che fissa un premio di maggioranza al 42,5 per cento. Tradotto per i non addetti ai lavori, significa che quando andremo a votare potremo a mala pena scegliere una bozza di coalizione. Ma alla fine nessuno otterrà la maggioranza, non ci sarà chiarezza sul governo, chi vincerà sarà messo sotto tutela, chi prenderà il 5 per cento conterà come se avesse preso il 50 per cento, chi verrà punito dagli elettori avrà un'ottima chance di resistere altri quattro anni. E così la democrazia italiana resta bloccata, come è sempre stata - con modalità diverse, certo - dalla fine del fascismo ad oggi. Altro che USA.
L'oceano di mezzo è ancora più grande.
Pochi ne hanno parlato. Ma in molti Stati americani gli elettori erano chiamati anche a rispondere a numerosi quesiti referendari. Gli Stati di Washington, Massachussets e Colorado danno il via libera alla legalizzazione della marijiuana per uso generale. Nel Colorado anche per scopo ricreativo. Sono i primi stati americani ad assumere una tale decisione in un referendum. Una misura così tramite un referendum popolare? Si, proprio così... In più, gli Stati di Washington, del Maryland e del Maine danno l'ok ai matrimoni gay (il Minnesota invece no). Per la prima volta viene dato il via libera alle nozze gay con un referendum. Con un referendum? Si, con un referendum. La Florida invece ha respinto il referendum in cui si chiedeva di tagliare i fondi federali per l'aborto. Il no alla proposta dovrebbe essere passato con il 55% dei voti contro il 45% dei favorevoli.Lo hanno detto i cittadini. Con un referendum.
E l'Italia? Nel nostro paese il referendum propositivo non esiste. C'è solo quello abrogativo. Per ottenerne uno serve uno sforzo bestiale, visti gli adempimenti che la legge pretende: numero di firme raccolte, giudizio di cassazione, giudizio costituzionale, quorum dei votanti. Partecipare in Italia è una corsa a ostacoli. E chi propone di andare ai referendum in Italia? Un irrimediabile populista, nelle analisi più raffinate. E quando i referendum si fanno, i risultati non valgono e il ceto politico si difende rovesciandone gli effetti: basta rileggere la vicenda del finanziamento pubblico dei partiti.
Ma no, dai. La legge elettorale non è il problema italiano. E nemmeno i referendum. In fondo, nemmeno in America lo sono. Si fanno e basta. E la democrazia funziona.
Un oceano di mezzo.

P.S.
Questo post è stato pubblicato la prima volta il 7 novembre 2012 sul mio blog La luna storta per Linkiesta
 
@vittorioferla
v.ferla@cittadinanzattiva.it

 

lunedì 5 novembre 2012

Tra Renzi e Grillo: le ragioni di Flores d'Arcais

Cara Micromega, la dichiarazione di voto di Paolo Flores d’Arcais sul Fatto ha scandalizzato molti a sinistra.
Ma Flores ha ragione.

In primo luogo, sullo strumento partito. Che è, appunto, uno strumento. Fin dall’inizio della breve vita repubblicana, i partiti si sono impadroniti delle istituzioni pubbliche, rifiutando ogni forma di controllo democratico da parte dei cittadini che avrebbero dovuto rappresentare, nel totale disprezzo dell’articolo 49 della Costituzione. Il partito non è una chiesa che debba chiedere fedeltà a tutti i costi e in tutte le situazioni. Pretendere, come fanno le regole per le primarie, di ‘giurare’ di essere elettori del centrosinistra è l’ultimo battito di coda del totalitarismo novecentesco, l’ultimo tentativo hegeliano di esaurire e sintetizzare la società civile nel partito. Per la direzione che ha preso la storia, un tentativo ridicolo. E poi. Come si fa a ipotecare il voto a priori? Perché un cittadino dovrebbe prometterlo con sei mesi di anticipo? Ma il voto non era un diritto? Ancora una volta l’arroganza della politica si fa beffe della legalità costituzionale. Ecco perché Flores fa bene – e farebbero bene tutti – a sfidare questa assurda pretesa. Non la politica al primo posto (come vorrebbero i modesti colonnelli del Pd), ma la politica al suo posto, direbbe un sociologo come Carlo Donolo. Non c’è nessun ‘cinismo costituzionale’ in tutto ciò: siamo talmente colonizzati dal senso di colpa instillato dal monopensiero del partito che perfino Flores sente il dovere di giustificare ciò che è del tutto legittimo…

In secondo luogo, c’è la politica. L’analisi dei risultati siciliani dimostra che gli elettori – nonché i quadri dirigenti – del Movimento 5 Stelle sono per la gran parte di sinistra. Delusi dei partiti tradizionali, certo. Ma amanti dei beni comuni, della legalità, dei diritti sociali, della Costituzione, e via elencando. Impegnati nel volontariato, nel turismo responsabile, nel commercio equo e solidale, nei movimenti sociali e così via. Probabilmente molto ma molto diversi dall’immagine ‘muscolare’ che da di sé lo stesso Grillo. E vogliamo parlare di Renzi? Il “Berlusconi formato pupo”? Leggete i dibattiti sui social media. Sono pieni – ancora una volta – di elettori di centrosinistra che non vedono l’ora di ridurre il Pd in un “sacchetto di coriandoli”. I coriandoli di quei tristi apparati inconcludenti, ultimi relitti del novecento che giocano la loro battaglia navale finale. Ecco perché Renzi fa tanta paura…

Ha ragione Flores: gli elettori di Renzi non perdevano una puntata del Drive in, hanno spiato nella casa del Grande Fratello e magari hanno appena finito di leggere l’ultimo volume della saga di Twilight. Un vero orrore! Ma sono di centrosinistra pure loro. E sanno che corruzione ed evasione fiscale sono i principali mali del paese. E chiedono di investire di più nel welfare e di godere di maggiori opportunità di vita e di lavoro. Vogliono anche il lavoro (ma hanno capito da un pezzo che non sarà la Fiom a difenderli…). E voteranno. Eccome se voteranno. E magari, chissà, sono più pronti loro per il “partito d’azione di massa” che tanti capetti educati nelle sezioni di periferia. In fondo, la dichiarazione di voto di Flores rappresenta l’elettore medio di centrosinistra molto più di quanto si possa credere. Certamente più di quanto possa ammettere la logica aristotelica di un Prospero qualsiasi. Però Flores ha l’audacia di fare i conti con questa realtà; cosa che tanti intellettuali continuano a rifiutarsi di fare.

Da questa realtà può venir fuori una democrazia che – come chiede Flores – abbia al suo centro il “primato dell’argomentazione razionale”? Possiamo trovare qui le basi per un “partito d’azione di massa”? Questo obiettivo resta assai complicato. Anche perché il peso delle due subculture italiane principali – quella comunista e quella cattolica, le quali hanno formato milioni di italiani per anni - sono per lo più anti-illuministe. Però bisogna provare. E’ su questo che vanno sfidati sia Renzi che Grillo.

Vittorino Ferla

v.ferla@cittadinanzattiva.it
@vittorioferla