Mancano ormai pochi mesi al
duello finale tra Renzi e Berlusconi. E come in ogni film western (o marziale,
fate voi) che si rispetti, i due contendenti si punzecchiano, si incrociano, si
incontrano, si parlano, si provocano, si sfidano. E, soprattutto, scelgono
insieme le armi per affrontare l’ultima scena mortale. Ciascuno di noi ha in
mente un film del genere. Con scena finale d’ordinanza. Come, per esempio,
quella del celeberrimo Kill Bill di
Tarantino. Lì, i due sfidanti - Beatrix Kiddo, la ‘Sposa’, interpretata da Uma
Thurman, e, appunto, Bill, interpretato da David Carradine – si cercano per
tutta la durata del film e, alla fine, conversano a lungo prima di affrontarsi
nell’improvviso e fulmineo duello finale.
La politica italiana, impostata
su partiti burocratici e oligarchici, rifiuta da sempre questo schema binario costruito
intorno ai leader. Uno schema che è, viceversa, il più diffuso nelle democrazie
occidentali, pur con varie gradazioni. Il Porcellum è servito anche a questo:
mettere fine al tentativo bipolare di una democrazia matura. Non ha impedito ai
cittadini soltanto la scelta del singolo candidato. Ha fatto peggio: ha
impedito loro la possibilità di scegliere un governo efficace e responsabile, ha
reso il sistema politico-istituzionale incapace di decidere, annegando il paese
nella palude delle larghe intese.
Non sappiamo ancora se
assisteremo davvero all’ultimo duello, così come concepito dall’Italicum. Soprattutto
perché, come in ogni di film di genere che si rispetti, il cammino verso la
battaglia finale è lungo, lento, irto di ostacoli e pericoli mortali. In ogni
film che si rispetti, il cammino del protagonista è costellato di risse,
tradimenti, agguati, duelli intermedi con personaggi minori.
Nel film di Tarantino, per
esempio, c’è la paradigmatica scena degli “88 folli”, la squadra di pretoriani di
O-Ren Ishii, una donna spietata a capo della Yakuza. La protagonista Beatrix
Kiddo li elimina uno per volta. Chi sono, nella politica italian, gli ‘88 folli’,
quelli che la ‘Sposa’-Renzi dovrà incrociare sul suo cammino prima di
affrontare l’ultimo duello?
Sono quelli che sperano ancora di votare con la legge
uscita dalla sentenza della Corte. Una legge proporzionale pura che, in questa
fase storica, obbligherebbe di nuovo a larghe intese nella prossima
legislatura, uno scenario catastrofico perché costringerebbe l’Italia a
galleggiare e rinunciare ad assumere quelle decisioni essenziali per rialzarsi.
Gli ‘88 folli’ vorrebbero ripristinare quelle stesse
preferenze che i cittadini hanno abolito con i referendum elettorali dei primi
anni ’90. Quelle preferenze che hanno favorito il voto di scambio, il
correntismo più spregiudicato, il navigare a vista, la dissipazione di risorse
pubbliche per accontentare i portatori d’acqua, un sistema clientelare e
corrotto diffuso in tutto il paese, la voracità e l’irresponsabilità di una
partitocrazia che ancora oggi pesa come piombo sul nostro sviluppo civile.
Insomma, tutti quei fenomeni sui quali è rovinata la Prima Repubblica.
Gli ‘88 folli’ puntano oggi a contestare
anche le liste
bloccate corte, manipolando a proprio vantaggio la giusta opposizione dei
cittadini al Porcellum.
In realtà, le liste corte funzionano bene, per esempio in Germania e in Spagna,
e limitano l’esplosione dei costi delle campagne elettorali che avvrebbe con il
ripristino delle preferenze. I nomi elencati in queste liste sono pochi e
visibili e le circoscrizioni sono molto più piccole di quelle del Porcellum: gli
elettori sarebbero così in grado di scegliere tra partiti anche sulla scorta
delle proprie preferenze sulle persone. Questi elementi sottraggono il cd. Italicum al
rischio di incostituzionalità: è bene ricordarlo.
E tra gli ‘88 folli’ ci sono anche quelli che oggi
criticano le soglie. Quelle fissate per entrare in Parlamento e limitare così
la proliferazione dei partitini che vivono di piccole rendite. Quelle che
servono per ottenere il giusto premio che garantisca la formazione di un governo.
In realtà, dietro queste posizioni si giocano altre partite. Sono lotte per la
sopravvivenza di forze che spesso hanno scarsa rilevanza e pochissimi voti, ma
li usano in modo spregiudicato per ricattare i governi in carica.
Gli ‘88 folli’ sono i depositari di una politica fatta
di oligarchie e di burocrati, interdetta da logiche assembleari. Quelli che al
sistema elettorale chiedono solo di censire e fotografare i voti espressi
perché solo così potranno garantire la sopravvivenza della propria corrente,
del proprio partito personale o del proprio clan.
Gli ‘88 folli’ sono ancora numerosi nel Partito
democratico. Si trovano nelle forze centriste tradizionalmente votate a
boicottare la formazione di governi responsabili, costruiti su una linea programmatica
chiara. Si trovano tra i 5 Stelle che, rinunciando alle riforme, alimentano
l’immobilismo della politica e la frustrazione dei cittadini. Gli ’88 folli’ si
dimetteranno ancora, se potranno, o urleranno in aula, o la abbandoneranno, o
agiteranno i cappi per fare le vittime della democrazia. Saranno tutte finzioni
per salvare le loro rendite immobili.
L’Italicum cerca un punto possibile di equilibrio tra capacità
di governo e di rappresentanza. A questo fine, incentiva le aggregazioni e
comprime il ruolo dei veto player. Può diventare l’arma giusta per chi
affronterà il duello finale per il governo del paese. Ma per arrivare alla
scena finale bisognerà prima difendersi in Parlamento dall’assedio degli 88
folli della palude proporzionale. Chissà: anche in questo caso potrebbe
essere fondata la battuta di Bill: “Gli 88 folli non erano veramente 88. Si
chiamavano così perché era fico”.
@vittorioferla
Questo articolo è stato pubblicato su Qdrmagazine e su Linkiesta
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