sabato 14 febbraio 2009

Il senso civico di Englaro: una lezione inascoltata


I commenti più o meno autorevoli sullo scarso senso civico degli italiani fanno capolino sui giornali ad intervalli regolari. L’argomento mette d’accordo tutti, si tratti di politici o di intellettuali. Per entrambe le categorie, in fondo, è una comodità fondare il proprio ruolo sull’arretratezza e la maleducazione del ‘popolo bue’. La società civile è così, di volta in volta, il luogo delle pulsioni irrazionali, la culla dell’antipolitica più becera, la madre della corruttela che contagia anche le istituzioni. Per fortuna c’è la classe politica che sa come si governa nel nome del bene comune. Per fortuna ci sono gli intellettuali che sanno sempre indicare le magnifiche sorti e progressive.

Peccato che poi spunta un cittadino comune, uno qualsiasi, che sistematicamente butta giù questo castello di luoghi comuni. In questo caso, il cittadino si chiama Beppino Englaro.

Per 17 anni il cittadino Beppino Englaro ha accudito la propria figlia ridotta in stato vegetativo a causa di un incidente stradale. Ha continuato a lavorare e a vivere. Ma ogni giorno è stato accanto a lei. Per molti anni ha sperato che qualcosa potesse cambiare. Che la figlia si potesse risvegliare. E così riprendere una vita normale. Non è stato così. Quella vita era ormai completamente artificiale e innaturale. In totale dipendenza dalle macchine. Ed Englaro non poteva accettare di infliggere questa tortura a nessun essere umano, figurarsi a sua figlia. Proprio quest’ultima, d’altra parte, aveva fatto intendere chiaramente, durante gli anni dell’adolescenza, l’orrore provato di fronte ad altri esseri umani ridotti in quelle condizioni. E aveva confessato che non avrebbe mai voluto trovarsi in condizioni simili.

Fin qui, dunque, il cittadino Englaro: adempie a tutte le sue responsabilità di padre, si ribella all’esercizio permanente di una inutile tortura sul corpo di una persona, riconosce e accetta la sua volontà incomprimibile.

A questo punto, il cittadino Beppino Englaro deve confrontarsi in maniera diretta con il mondo della politica e con quello della legge. La politica non lo ascolta neppure. La legge semplicemente non c’è, non esistono norme che si preoccupino di disciplinare fattispecie concrete. C’è solo la Costituzione che offre un orientamento generale e, forse, proprio per questo, insufficiente alla ricerca di conforto normativo ad una decisione umana. A questo punto, il cittadino Englaro avrebbe potuto risolvere facilmente in due modi: spegnendo la vita di sua figlia nel silenzio (lo fanno in molti, lo sappiamo tutti, mentre i perbenisti fingono di non saperlo) oppure trasportare quel corpo in una clinica di un paese del nord dove l’eutanasia è legale. Non lo ha fatto.

Englaro preferisce rivolgersi alla politica affinché valuti questo caso e produca una normativa capace di disciplinarlo nella direzione auspicata. Ma la politica continua a tacere. Segue tutte le vie legali e quelle di pressione pubblica. Alla fine la Corte di Cassazione con una sentenza ineccepibile dal punto di vista giuridico - come un coro unanime di giuristi riconosce – autorizza la sospensione delle cure e delle terapie sul quel corpo ormai ridotto a protesi tecnologica.

Fin qui, dunque, il cittadino Englaro: si muove nel rispetto delle leggi e della Costituzione, riconosce il ruolo della politica nel governo dei problemi e ne chiede l’esercizio, rende pubblico il suo impegno perché un caso singolo possa diventare questione di interesse generale e possa essere affrontato nel quadro di una decisione pubblica e condivisa

Forte della sentenza della Corte di Cassazione e della sua coerenza civile, Beppino Englaro si appresta, nel dolore, a compiere l’ultimo gesto d’amore verso la propria figlia: liberarla dalla schiavitù della tecnica per riconsegnarla alla dignità di una vita che, naturalmente, muore. Ma il governo italiano apparecchia la macchina dell’ultimo supplizio: prima con circolari minacciose nei confronti delle cliniche che accoglieranno quel corpo, poi con la sceneggiata di una legge dell’ultimo minuto e con la superficialità di un conflitto istituzionale. Non basta. Il cittadino Englaro subisce la messa dell’indice da parte di molti intellettuali e di molta stampa. Sono tanti i politici e gli opinionisti che gridano contro Englaro raffinatezze del tipo: ‘assassino’, ‘boia’, ‘conte ugolino’.

La morale di questa politica è tristemente semplice. Guai al cittadino che mostri di avere senso civico, rispetto delle leggi e delle istituzioni, amore della vita e della dignità umana. Questo sì che è un pericoloso malvivente.


v.f.

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