mercoledì 23 marzo 2011

Un anno di lavoro della Civit: è già crisi?

Pensavano ad un seminario ristretto. Immaginavano, forse che la cosa interessasse a pochi. Ma la richiesta di partecipazione è stata alta. Un buon segno per il seminario organizzato dalla Civit, la Commissione indipendente per l’integrità, la trasparenza e la valutazione, ad un anno dal suo insediamento. C’era curiosità di sapere a che punto sta la riforma Brunetta e di capire come si è mossa, in questo primo anno di attività, la Commissione.

Un quadro sfocato
Il quadro, onestamente, è un po’ sfocato. Nel primo anno di attività la Civit ha lavorato sugli organismi indipendenti di valutazione (OIV) e sulla definizione teorica del ciclo della performance, ha fatto un po’ di 'evangelizzazione' (lo ha detto uno dei commissari, Luciano Hinna) in giro per l’Italia... Solo che, poi, uno degli ‘evangelizzatori’, Pietro Micheli se ne è andato, perché la Civit non funziona affatto bene...


"Abbiamo le scarpe strette"I problemi ci sono. A partire dal coinvolgimento di tutti i soggetti interessati e dalla debolezza competenze e dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche. prima di tutto. Luciano Hinna spiega che negli uffici molti resistono, ma aumentano gli apripista. Il problema è che tra i due gruppi la divaricazione aumenta… Sempre Hinna confessa: “abbiamo le scarpe troppo strette, ma vogliamo correre lo stesso”. E meno male. Ma la strada sembra complicata e lunga se si pensa di percorrerla con le scarpe sbagliate e senza qualcuno che ti carica in groppa.

Anticorruzione? Magari
Il presidente Martone, per esempio, chiede un maggiore coordinamento tra Civit, Funzione pubblica e Ministero della Giustizia sulla lotta alla corruzione. Giusta richiesta, ma stupisce un po’ che si dica in un seminario, dopo un anno di lavoro. Questi tre soggetti non sono mai riusciti a incontrarsi nel corso di un anno? O, forse, la lotta alla corruzione non è precisamente il primo pensiero di questo Governo e di questa Commissione che, a giudicare, da queste aspettative di dialogo, appare tutt’altro che indipendente?

Allarmi
Riccardo Mussari, esperto di economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche, lancia vari allarmi. Uno: “Ci diciamo sempre le stesse cose da dieci anni. Il problema non sta nella normativa”. Due: “Non bisogna stancare la gente, né essere troppo presuntuosi. Rischiamo di affondare questa prospettiva”. Tre: “L’esperienza internazionale ci dimostra che il problema non è dare più soldi ai dipendenti. Non basta l'incentivo in denaro, ma serve l'incentivo dell'orgoglio di appartenere alla PA, e va comunicato”. Quattro: “Non so quanto lo stesso Governo creda in questa missione”. Quinto: “Sta roba costa. Non è vero che è senza oneri per le amministrazioni”. Sesto: “Attenzione alle burocrazie. Tutto può diventare tale, anche il progetto più bello. Il rischio è che si usi la riforma solo per fare la politica del personale. E sarebbe un disastro burocratico”. Mi pare abbastanza.


Più trasparenza sulle attività
Ma c’è di più. Uno dei membri della Commissione, Filippo Patroni Griffi, ricorda che soltanto il 44 per cento delle PA ha scritto i piani e, soprattutto, che mancano ancora gli strumenti per raccogliere le segnalazioni dei cittadini. Per l’amministrativista Francesco Merloni bisognerebbe riaprire l'accesso totale ai cittadini (quello contenuto nella famosa legge 241, che però è limitata ai soli soggetti portatori di interessi): “con la legge sulla trasparenza è ancora la PA che decide cosa dire”. E poi affonda il colpo: “il cittadino deve essere informato soprattutto sulle attività delle amministrazioni. E poi occorre pubblicare i provvedimenti. Non basta, infatti, rispettare gli obblighi sul sito, ma garantire che fin dalla formazione l'atto sia trasparente”. Mi pare abbastanza chiaro. C’è davvero parecchio da fare, allora.


v.ferla@cittadinanzattiva.it

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