Brunetta ha lasciato qualche eredità. Ciascuna amministrazione centrale dovrà preparare un piano per la trasparenza e un programma di performance. Lo chiede la riforma che porta il suo nome. La riforma dice anche che questi piani e programmi devono essere valutati dalle associazioni dei consumatori riunite nel CNCU, il Consiglio nazionale consumatori e utenti.
E così nei mesi scorsi è nato un gruppo di lavoro sulla trasparenza, attivato dal CNCU, che si riunisce presso il Ministero dello Sviluppo economico. Ne faccio parte per conto di Cittadinanzattiva. E l'esperienza pare interessante. Abbiamo già valutato alcuni piani: quello del ministero delle Infrastrutture, davvero molto buono; quelli del ministero del Welfare e del ministero della Salute, entrambi rispediti al mittente per ulteriori correzioni e integrazioni.
Oggi giornata di valutazione dei programmi per la trasparenza di altre amministrazioni pubbliche. Diversissime tra loro. C'è l'INPDAP, l'ente previdenziale dei dipendenti pubblici. C'è l'Università di Roma Tre, con il suo portale per gli studenti. C'è perfino l'ACI, l'Automobil Club Italiano, che svolge alcuni servizi pubblici delegati come l'iscrizione al PRA e il pagamento delle tasse automobilistiche. Non immaginavo fosse anch'esso in obbligo di redigere il piano. C'è anche l'ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, il nuovo ente che ne accorpa tre, soppressi dalla legge perché ritenuti inutili e per tirare la cinghia dei conti pubblici: l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici (APAT), l’Istituto Nazionale per la Fauna selvatica (INFS) e l’Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM).
Certo, c'è il rischio che tutta l'operazione trasparenza si traduca in adempimenti meramente formali. Che tutto si risolva, come spesso accade, in una pratica burocratica: una volta chiusa, amen.
Ma potrebbe non essere così. Ci sono associazioni dei consumatori chiamate a esercitarsi responsabilmente nella offerta di critiche e di incoraggiamenti. Ci sono funzionari chiamati a sviluppare nuove competenze e a praticare una maggiore apertura alle esigenze dell'utenza. Ci sono segnali di trasformazioni che potrebbero diventare profonde se tutti fanno sul serio la propria parte.
La speranza è quella di avere finalmente delle amministrazioni pubbliche 'amichevoli' verso il cittadino (friendly, come dicono gli anglosassoni), di garantire una maggiore effettività dell'azione amministrativa, di favorire un migliore rendimento delle istituzioni pubbliche. Sarebbe una svolta cruciale. Sappiamo tutti quanto costi allo sviluppo del paese e alla tutela dei diritti dei cittadini il peso della burocrazia italiana.
Un impegno titanico, certo. Ma bisogna raccogliere la sfida.
v.ferla@cittadinanzattiva.it
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