Sulla corruzione il Governo non deve fare rapporti ma trovare
soluzioni. Ieri Repubblica ha diffuso i dati contenuti
nel rapporto sulla corruzione in Italia che sarà presentato lunedì 22 ottobre, a palazzo Chigi,
e poi ancora il 6 novembre alla Treccani. La corruzione costa all’Italia 60 miliardi,
costi valutati dalla Corte dei conti cui vanno aggiunti quelli 'indiretti'.
Si legge nel rapporto: "Si pensi a quelli connessi ai
ritardi nel definire le pratiche amministrative, al cattivo
funzionamento degli apparati pubblici, all’inadeguatezza, se non
inutilità, delle opere pubbliche, dei servizi pubblici, delle forniture
pubbliche". Eccoci ai "costi striscianti", al "rialzo
straordinario che colpisce le grandi opere, valutabile intorno al 40 per
cento". Sta qui anche qui la perdita di competitività
del Paese. Si legge nel rapporto che “la corruzione, se non combattuta
adeguatamente, produce costi enormi, destabilizzando le regole dello
Stato di diritto e del libero mercato”.
Ma a ripetere queste cose che ormai sappiamo tutti il Governo rischia il ridicolo: da un lato, se non ci fosse la
mobilitazione di migliaia di cittadini non riuscirebbe nemmeno a fare
approvare una legge anticorruzione che è soltanto un
pannicello caldo; dall’altro, ancora produce rapporti
mantenendo in piedi l’ennesima commissione per lo studio della
corruzione.
Sul piano dei numeri, il rapporto del Governo dimentica la cosa fondamentale: che
il costo della corruzione è prima di tutto per le famiglie, con il
progressivo taglio dei servizi sociali, scolastici e sanitari.
Negli ultimi anni calcoliamo 17mld di tagli alla sanità, 8mld di tagli
alla scuola, un paio di miliardi di tagli alle politiche sociali. Con
conseguenze pesantissime sulle tasche dei singoli cittadini.
Sono quattro le azioni concrete che il Governo dovrebbe fare subito per essere credibile: 1) rendere trasparenti gli atti della PA fin dalla loro formazione e, in particolare, rendere pubblici e comprensibili i bilanci di enti pubblici e partiti a tutti i livelli territoriali; 2) attribuire alla Civit (futura commissione anticorruzione) piena
autonomia dalla politica e poteri ispettivi e sanzionatori reali, perché
finché sarà così nessun dirigente pubblico sarà libero di denunciare episodi di peculato e malversazione; 3) allungare i tempi della prescrizione per i reati contro la pubblica amministrazione per garantire lo svolgimento dei processi e la condanna dei corrotti; 4) recuperare le risorse sottratte e restituirle alla collettività, anche attraverso la confisca e l’uso sociale dei beni dei corrotti.
Se non si procederà così, questo rapporto governativo sarà soltanto l'ennesimo volume da riporre in biblioteca.
Vittorino Ferla
v.ferla@cittadinanzattiva.it
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