domenica 17 marzo 2013
Per favore, spiegate Grillo al Pd
Niente da fare. Sono passate due settimane dal voto (il pezzo è stato pubblicato su Linkiesta il 10 marzo 2013, ndr). E ancora niente. Il Partito democratico - a partire dai dirigenti, passando per gli intellettuali di complemento, fino allo stesso elettorato più fedele - ancora non ha capito Grillo. O forse non lo vuole capire.
Ogni passaggio - dalla dichiarazione post-voto di Bersani, alla proposta degli otto punti, al rito della direzione nazionale, allo stillicidio di dichiarazioni sui giornali - ha aggiunto un motivo plausibile per spiegare la sconfitta (mai quello giusto, però). Eccone un campionario.
"Abbiamo perso per causa della crisi economica". L'argomento ci sta tutto, volendo. Ma è consolatorio. Primo: la crisi c'è da un pezzo, mica la scopri il giorno dopo le elezioni. Secondo: la crisi c'è per tutti mica solo per il Pd. La domanda si ripropone intatta: perché il Pd ha perso, visto che la crisi vale per tutti? Forse perché il Pd non se ne è fatto carico in tempo? Se l'avesse fatto, magari, la reazione degli elettori sarebbe stata diversa.
"Abbiamo perso perché non abbiamo contestato a sufficienza le politiche di austerità dell'Europa". La versione più 'intelligente' di questo argomento è: "abbiamo perso perché non abbiamo contestato a sufficienza il fiscal compact imposto dalla Merkel". Ora, pensare che il voto del cittadino comune in Italia sia determinato da un approfondimento critico delle politiche europee fa capire la distanza siderale che esiste tra quel partito e il sentimento popolare. Ipotizzare, poi, che il voto popolare sia orientato a punire il Pd perché la Merkel intenda, fa proprio sorridere. Ma la cosa più grave - se finalmente si vuol parlare di cose serie - è pensare di uscire dalla crisi aumentando di nuovo irresponsabilmente i flussi di spesa pubblica. Il rigore fa male, non c'è dubbio. Ma estendere illimitatamente il debito pubblico in presenza di una classe politica e di una amministrazione pubblica inefficienti è perfino peggio: sarebbe questa la nuova ricetta progressista?
"Abbiamo perso per il sostegno al governo Monti". Quando la maestra ci sgrida da bambini a scuola, si sa, è sempre colpa di qualcun altro. E, comunque, un compagno di classe da offrire come sacrificio umano si trova sempre. Insomma, prima chiami Monti per fare quel lavoro sporco, necessario per salvare il salvabile, che nessuno vuol fare e poi lo denunci come il primo responsabile della crisi. Bel colpo! Questo si, garantisce la credibilità di un gruppo dirigente. E poi c'è sempre da capire com'è che il Pd perde tre milioni e mezzo di voti e Monti, che si presenta per la prima volta, guadagna al primo colpo il 10 per cento dell'elettorato. Miracoli del belpaese...
La sostanza di tutto ciò risiede nell'argomento principe, quello meno dichiarato e, soprattutto, per niente dimostrato: "abbiamo perso perché non siamo stati abbastanza di sinistra". Qui si raggiunge l'apoteosi. In questo modo, si legge il voto al M5S come un voto di sinistra tradizionale, nemmeno lontanamente vedendo la connotazione del tutto post-materialistica e a-ideologica di quell'elettorato. Quindi, il partito di Grillo diventa una costola della sinistra da riattaccare al corpo ferito, per ricreare il mito di un Fronte nazionale unito. Una scimmia fuggita dal recinto che si deve rabbonire e rieducare. Per far questo basta l'appello morale di grandi quotidiani e intellettuali e il gioco è fatto: si può camminare insieme, illuminati dal sol dell'avvenire.
Insomma, nell'analisi dei dirigenti del Pd (ma, a giudicare dai dibattiti in rete, anche dell'elettorato più 'stretto') mancano i due argomenti veri, troppo sconvenienti, evidentemente, per essere legittimati.
Il primo è questo: "abbiamo perso perché noi siamo ormai diffusamente percepiti come un pezzo di quella odiosa casta che blocca lo sviluppo del paese: il movimento dei grillini è nato proprio contro di noi". Per giocare con le metafore alla Bersani: è come se il fagiano - che ha già ricevuto una prima fucilata in pancia - volesse fare accordi con il cacciatore. Dagli otto famosi punti della resa è rimasta fuori proprio l'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti. La scusa è che così i poveri non possono fare politica. La verità è che senza quelle risorse i partiti tradizionali non saprebbero nemmeno da dove cominciare per mantenersi in vita secondo le logiche di sempre.
Il secondo argomento è questo: "abbiamo perso perché cerchiamo i voti solo tra i nostri, vogliamo restare pochi ma buoni, gli altri elettori ci fanno schifo, ognuno si organizza il campo suo e poi semmai ci si accorda, altro che vocazione maggioritaria!" Chi ha provato a mettere in dubbio questo assunto ha fatto una brutta fine, isolato nel partito o espulso in esilio. Grillo, invece, questa scimmia senza storia e tradizioni, accetta i voti di tutti, senza moralismi, senza puzza sotto al naso. E così vince.
Però non è mica finita: si può pure fare peggio...
@vittorioferla
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