martedì 10 febbraio 2009

Eluana ci ha lasciato: chi impone un dio senza umanità né pietas resta con noi


Ci siamo astenuti dal parlare sul caso di Eluana Englaro (e del suo papà Peppino) per mesi e mesi… lo abbiamo fatto per scelta meditata, dato che tutti parlavano spesso a vanvera… e abbiamo taciuto perchè le parole ci si paralizzavano in mente ogni volta che tentavamo di scriverle, anche per quel senso del tremendo che ci pervadeva… li abbiamo visti, (uso il plurale perchè mi sembra di vedere anche la ragazza Eluana accanto al padre che cerca risposte ad una medicina che ha rischiato e rischia di divenire sempre più disumana…) salire una china, come fosse un calvario infinito, inerpicarsi nei meandri dei tribunali, delle corti di appello e delle supreme corti di cassazione, con addosso anche fisicamente ministri e sottosegretari, che esternavano, commentavano, intimavano e redarguivano, ed in ultimo anche il presidente del consiglio sceso in campo more solito con la sua consueta finezza dell’elefante in una cristalleria.
Poi abbiamo visto e udito anche cardinali e vescovi (questi non mancano mai in questo Paese….) che predicavano rispetto e non ne portavano affatto, dentro omelie fumose sull’amore, una pletora di buoni sentimenti che però non cambiava la sostanza delle cose: una ragazza giace da oltre 17 anni in un letto inferma totalmente, senza pressochè alcun segno di vita (non la vita biologica tout court, cioè quella puramente vegetativa, che non è certamente la “vita” come noi la intendiamo nell’accezione più semplice e comune dove una persona sente, parla, ama, vede, gioisce, soffre, si relaziona al mondo circostante e alle altre persone, o se non vede e non sente, nè cammina o altro è comunque partecipe al sè e al resto del mondo…).


Eluana era una morta tenuta in vita da un macchinario che le propina ogni giorno la sua dose quotidiana per poter sopravvivere, meglio sopramorire, all’indefinito, mentre il suo corpo va in disfacimento e la sua psiche e la sua anima sono morte dentro un involucro sordo…
Tenuta non in vita ma in morte dilazionata, fatta perpetuare a se stessa nel tempo, obbligata, senza alcuna sua volontà esprimibile o contro ogni sua volontà a suo tempo espressa, a sussistere senza speranza nè di ritornare all’antica vita vita, vera e vitale, nè di sfuggire alla ineludibile morte che sarà comunque la fine della vicenda. Sospesa tra una agonia continua e l’ultimo respiro, con un tubo o una sonda nel tratto digerente che alimenta il corpo privo della volontà e della forza per vivere…


Tutto questo inutile calvario, molti dei nostri politici, o metre a penser del rien, la chiamano vita da difendere… e sono anche cristiani e cattolici, e certificano in tal modo la loro assenza di speranza e di fede nella vita “del mondo che verrà” , come recita il loro stesso Credo, dato che danno per certo che il corpo di Eluana tragicamente finirà sotto terra e non avrà posto in cielo quel che rimane di lei, l’essenza più alta, secondo la fede stessa della Chiesa, tramandataci dagli apostoli di Cristo.
Una domanda non sorge forse alle anticamere delle menti degli intelligentoni e sostenitori dell’obbligo a sussistere comunque, senza se e senza ma: cosa ne sarebbe stato di questa ragazza se soltanto fosse nata in tempi in cui certi macchinari complessi per l’alimentazione coatta non fossero esistiti? Sarebbe morta, in modo naturale, dopo poco tempo, risparmiando anche un calvario disumano a sè e ai suoi cari che non l’hanno mai abbandonata…


Ed è ben significativo il nuovo oscurantismo tutto cattolico e tutto vaticano, paladino sempre del diritto a nascere e vivere e difensore della vita, che mentre proibisce le tecniche di supporto scientifiche e le metodiche sofisticate per permettere alle donne una procreazione assistita (dicono artificiale) in caso di grave e irreversibile sterilità, e quindi si oppone alla nascita di una nuova vita, vuole invece che altrettanto sofisticate macchine e ausili di supporto continuino a funzionare per tenere in vita una vita-morta.
Oppure dove ci si ostina con testardaggine degna di migliore causa a voler proibire per legge la ricerca scientifica sulle cellule staminali anche embrionali, che porterebbero notevoli progressi in tanti campi medici della cura di malattie invalidanti e paralizzanti che conducono a degli stati di invalidità totali simili a quelli di Eluana o di Giorgio Welby.


Non è per lo meno contraddittorio questo?


In realtà ascoltando la lezione storica dello psicoanalista Eric Fromm su questi temi non è del tutto così inconcepibile ciò che succede, infatti chi ha un’idea della vita come condanna da espiare per un peccato originale neppure compiuto dal soggetto, ma ereditato nefastamente dal progenitore antico, deve subire tutte le conseguenze di quel peccato giunto nel corpo stesso della natura e della natura umana. Pertanto, secondo tale teologia sottesa e non dichiarata ma pervicace, l’uomo soffre dentro il quadro di una punizione divina arcaica, di fronte ad un Dio insensibile e impassibile al nostro dolore e alla nostra disperazione.
Solo la sofferenza e la morte di Cristo hanno un po’ mitigato questa originale condanna divina, poichè attraverso la sofferenza, secondo San Paolo, noi tutti “completiamo nel nostro corpo ciò che manca alla passione di Cristo”. Pensare ancora oggi, dopo secoli di persecuzioni e violenze fatte anche dalle Chiese con tante vittime inermi ed innocenti seminate nel percorso della storia del cristianesimo, che alla passione di Cristo manchi qualcosa, e che si debba ancora soffrire perchè venga tacitata e sopita una specie di castigo e una sete di vendetta del Padre Eterno, è a dir poco sconvolgente e scandaloso, per chi vede invece in Gesù colui che curando e guarendo i malati dice ai sofferenti del suo tempo : “venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò ristoro… poichè il mio giogo è leggero e il mio peso è soave!”
Che la Chiesa cattolica romana di oggi pensi invece di indicarci un Dio impassibile e un Cristo che sta fuori dalla storia sul trono a guardare come un pantocrator privo di cuore, crediamo che sia quasi blasfemo…


Eluana, credente o non credente, aveva diritto ad una morte umana? Eluana, per chi crede, può tornare finalmente da questa vita ingrata e ingiustamente crudele e dura con lei, finalmente nelle braccia del Padre celeste? Chi di noi può obbligarla ancora a stare in un letto come su di una croce, dopo che Cristo vi è rimasto soltanto per tre ore, dalla sesta ora alla nona?… quando ha gridato “tutto è compiuto”?


Non si può dire di amare la vita, soltano quella in astratto, che non si incarna nei corpi e nelle persone che ci sono accanto, facendo finta di non vedere lo strazio infinito…
La vita è incarnata in questo limite, la sua finitudine, e questo limite la limita anche nel dolore: non è un omicidio o una eutanasia, togliere un macchinario (quand’anche di alimentazione e idratazione) che fa’ perdurare il male e la sofferenza di vivere non vivendo, per il solo scopo di persistere comunque: una vita di oscurità buia dove non vi è un solo barlume di luce.
Amare la vita non è costringere in un letto di immobilità una ragazza che ormai non ha altro di buono che poter lasciare questa infelice terra. Il padre di Eluana non ha voluto che il Papa e la Chiesa di Roma gli imponessero i loro valori, il loro modo di intendere la vita e la morte, il loro modo di vivere e di morire… Il padre di Eluana non voleva essere costretto a fare ciò che la sua coscienza, maturata in 17 anni di dolore inascoltato, ha ormai deciso… La Chiesa che crede in Dio non sa perchè Dio lasci un corpo senza vita legato per anni in un letto senza speranza… Se non sa perchè Dio permette questo, se per questa categoria di tragedie e di drammi essa usa il termine (forse abusato) di mistero, non può almeno di fronte al mistero, come dicevano le Chiese orientali, astenersi dal suo perentorio ed apodittico giudizio? Non sarebbe anche questa una scelta ed una testimonianza di carità fraterna e di amore cristiano?…

I teologi del Centro studi teologici di Milano

(Il testo - aggiornato - è tratto dalla rivista di teologia Ecclesia Dei, ed è stato pubblicato la prima volta il 9 gennaio 2009)

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