lunedì 24 ottobre 2011

La Corte dei Conti al capezzale del Welfare State

Nessuna copertura per la riforma fiscale. Il giudizio assai duro è della Corte dei Conti, che ha affondato, di fatto, la riforma fiscale del governo, attualmente in discussione in Parlamento. Di questo hanno scritto, nei giorni scorsi, tutti i quotidiani. Ma nelle pieghe del documento tecnico della Corte, pronunciato dal Presidente Luigi Giampaolino durante la recenteaudizione in Commissione Finanze della Camera, si legge molto di più.
Con una operazione a dir poco velenosa, infatti, il Governo ha inserito nel testo nientemeno che la riforma dell’assistenza. Fatto unico nella storia repubblica, al punto da suscitare lo stupore della Corte.
Sotto attacco sono gli assegni di invalidità e le pensioni di reversibilità. Per non parlare delle agevolazioni fiscali a tutela dei nuclei familiari più deboli. La legge 328 del 2000, legge molto avanzata che ha riformato l’assistenza e porta il nome di Livia Turco, è stata assai poco applicata in questi anni, è vero, ma così verrebbe cancellata definitivamente.

Il linguaggio della Corte dei Conti conserva l’equilibrio degli esperti. Ma il messaggio è chiaro. In pratica, per mettere ordine nei conti pubblici la riforma cerca di fare cassa togliendo i sostegni ai soggetti vulnerabili, siano essi disabili o vedove o famiglie numerose monoreddito. Il tentativo del governo è smascherato. Ma è pure un tentativo inutile. Secondo la Corte, infatti, i risparmi effettivamente conseguibili sono ben poca cosa rispetto alle aspettative.
Non basta: i tagli lineari alle agevolazioni fiscali avranno un impatto doloroso su chi sta peggio. Non soltanto infatti, la misura avrà effettivi regressivi: per esempio, chi li subirà consumerà di meno, con grave danno per la crescita. Ma, soprattutto, saranno i contribuenti che si collocano nelle classi di reddito meno elevate (soprattutto dipendenti e pensionati) a caricarsi del peso della riforma.
D’altra parte, ha spiegato il presidente della Corte, Luigi Giampaolino, con riguardo soprattutto alle prestazioni assistenziali e ai contributi di invalidità e di reversibilità, “non si può ignorare che in molti casi si è in presenza di erogazioni monetarie che fanno parte di una politica ‘nascosta’ di contrasto alla povertà, compensativa di un’offerta di servizi non sempre adeguata e uniformemente distribuita nel territorio”. In sostanza, è stato di allarme: se la riforma passa, la povertà in Italia aumenterà esponenzialmente. E quelle risorse che verrebbero risparmiate con questa legge prima o poi saranno sborsate nuovamente “per assicurare servizi adeguati ad una prevedibile impennata del fenomeno della non autosufficienza”.
La Corte sul punto parla chiaro. Il rischio di un ulteriore gravissimo taglio alle politiche di sostegno dei non autosufficienti è palpabile. I tagli degli ultimi anni vanno in questa direzione. Minori risorse trasferite dallo Stato alle realtà territoriali. Mancato rifinanziamento del fondo per le autosufficienze. Riduzione degli stanziamenti per il fondo delle politiche sociali e per la politica abitativa a livello locale. Serve altro?
Lo Stato sociale in Italia è in fin di vita. Le organizzazioni dei cittadini che svolgono assistenza e tutela lo dicono da anni e cercano di fare quadrato. Lo spettro della riforma, poi, aumenta le incertezze dei cittadini e la paura nel futuro. Da oggi, però, al capezzale del Welfare è arrivata anche la Corte dei conti. Chissà se basterà.


Articolo pubblicato su "TERRA", quotidiano ecologista, il 21 ottobre 2011

v.ferla@cittadinanzattiva.it

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