martedì 8 maggio 2012

Se quei 30 miliardi in più di stipendi pubblici diventano servizi: risposta a Patroni Griffi

Capire se dalla riforma della PA uscirà qualcosa di buono per i cittadini - meno sprechi, più servizi - è proprio un’impresa. Né ci aiuta la lettera aperta del Ministro Patroni Griffi, pubblicata domenica scorsa dal Corriere della Sera a pagina 5.
Lo stesso quotidiano - con un articolo di Roberto Bagnoli del 5 maggio dal titolo inequivocabile: La controriforma degli statali -stigmatizzava l’accordo del Ministro dell’Amministrazione Pubblica con i sindacati. Secondo il Corriere, gli stipendi pubblici sono arrivati a superare i 170 miliardi di euro annui con retribuzioni lorde medie pari a 49 mila euro annui contro i 35 del privato. Oggi arriva puntuale la smentita del Ministro, con tanto di captatio benevolentiae nei confronti degli statali.

In sostanza, se la stima del Corriere della Sera è corretta, lo stipendio degli impiegati statali è maggiorato del 17 per cento rispetto a quello degli impiegati del settore privato. Ma sul fatto che anche i servizi ricevuti siano percentualmente migliori, molti cittadini avrebbero dei dubbi. In sostanza, in tempi di spending review, solo se si intervenisse sulla voce ‘stipendi pubblici’, ci sarebbero margini per un risparmio di circa 30 miliardi annui, pari ad una manovra finanziaria di media dimensione. Con questi 30 miliardi si potrebbero coprire, nell’ordine, gli 8 miliardi di tagli alla scuola pubblica, i 17 miliardi di tagli alla sanità, i vari fondi sociali (per le politiche sociali, la non autosufficienza, la famiglia, i giovani, gli immigrati, ecc.) che in questi anni sono stati ridotti a quasi nulla. Ovviamente, si tratta di una ipotesi impraticabile in termini meramente contabili, per i più diversi motivi (non ultimo, l’allarme sociale che ne sorgerebbe).

Tuttavia, questi numeri ci interrogano. Il governo - e, in particolare, Patroni Griffi - sono davanti ad un bivio. O tagliare la spesa improduttiva tenendo conto anche degli stipendi (per non parlare delle consulenze…). Oppure, rendere finalmente produttivo questo surplus di riconoscimento economico del lavoro pubblico. Purtroppo, però, la lettera del Ministro al Corriere della Sera rimanda pericolosamente la soluzione del dilemma all’ennesima riforma. Nemmeno una parola poi è spesa sul coinvolgimento della cittadinanza attiva che in questi anni ha cercato di dare il suo contributo, cercando di partecipare ai processi innovativi, di esercitare la valutazione dell’azione amministrativa, di offrire suggerimenti e proposte a partire dalle segnalazioni degli utenti.

Basta ricordare qui che nel 2009 - il Ministro era Brunetta - ne è stata già lanciata una che attende ancora di essere attuata. Tutte le amministrazioni pubbliche dovrebbero - in virtù di quella riforma - predisporre un programma triennale per la trasparenza e dei piani per la performance. La legge prevede anche premi per i dirigenti e gli impiegati più meritevoli. Ma le PP.AA., sia centrali che locali, che hanno proceduto in questa direzione sono ancora pochissime. La stessa Civit - la Commissione indipendente per la integrità, la trasparenza e la valutazione - che dovrebbe promuovere e favorire l’attuazione della riforma si è distinta per l’immobilismo e l’inefficienza (per non parlare della scarsa integrità…).

No. Non ci siamo. In questi tre anni, invece di attuare la legge, i governi hanno tagliato i servizi ai cittadini. Le organizzazioni civiche hanno offerto il loro contributo senza ricevere la stessa disponibilità. Dal Ministro Patroni Griffi ci aspettiamo, dunque, una iniziativa decisa per far funzionare le amministrazioni pubbliche con gli strumenti che sono già disponibili e con la partecipazione diretta dei cittadini. Non ci piace che si confondano ulteriormente le responsabilità aumentando la nebbia delle leggi con l’ennesima riforma annunciata.

(Questo contributo proviene dalla Campagna Ridateceli! di Cittadinanzattiva)


Vittorino Ferla

v.ferla@cittadinanzattiva.it

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