Capire se dalla riforma della PA uscirà qualcosa di buono per i
cittadini - meno sprechi, più servizi - è proprio un’impresa. Né ci
aiuta la lettera aperta del Ministro Patroni Griffi, pubblicata domenica scorsa
dal Corriere della Sera a pagina 5.
Lo stesso quotidiano - con un articolo di Roberto Bagnoli del 5 maggio dal titolo inequivocabile: La controriforma degli statali -stigmatizzava l’accordo del Ministro dell’Amministrazione Pubblica con i sindacati. Secondo il Corriere,
gli stipendi pubblici sono arrivati a superare i 170 miliardi di euro
annui con retribuzioni lorde medie pari a 49 mila euro annui contro i
35 del privato. Oggi arriva puntuale la smentita del Ministro, con
tanto di captatio benevolentiae nei confronti degli statali.
In sostanza, se la stima del Corriere della Sera è
corretta, lo stipendio degli impiegati statali è maggiorato del 17 per
cento rispetto a quello degli impiegati del settore privato. Ma sul
fatto che anche i servizi ricevuti siano percentualmente migliori,
molti cittadini avrebbero dei dubbi. In sostanza, in tempi di spending review,
solo se si intervenisse sulla voce ‘stipendi pubblici’, ci sarebbero
margini per un risparmio di circa 30 miliardi annui, pari ad una
manovra finanziaria di media dimensione. Con questi 30 miliardi si
potrebbero coprire, nell’ordine, gli 8 miliardi di tagli alla scuola
pubblica, i 17 miliardi di tagli alla sanità, i vari fondi sociali (per
le politiche sociali, la non autosufficienza, la famiglia, i giovani,
gli immigrati, ecc.) che in questi anni sono stati ridotti a quasi
nulla. Ovviamente, si tratta di una ipotesi impraticabile in termini
meramente contabili, per i più diversi motivi (non ultimo, l’allarme
sociale che ne sorgerebbe).
Tuttavia, questi numeri ci interrogano. Il governo - e, in
particolare, Patroni Griffi - sono davanti ad un bivio. O tagliare la
spesa improduttiva tenendo conto anche degli stipendi (per non parlare
delle consulenze…). Oppure, rendere finalmente produttivo questo
surplus di riconoscimento economico del lavoro pubblico. Purtroppo,
però, la lettera del Ministro al Corriere della Sera rimanda
pericolosamente la soluzione del dilemma all’ennesima riforma. Nemmeno
una parola poi è spesa sul coinvolgimento della cittadinanza attiva che
in questi anni ha cercato di dare il suo contributo, cercando di
partecipare ai processi innovativi, di esercitare la valutazione
dell’azione amministrativa, di offrire suggerimenti e proposte a
partire dalle segnalazioni degli utenti.
Basta ricordare qui che nel 2009 - il Ministro era Brunetta - ne è
stata già lanciata una che attende ancora di essere attuata. Tutte le
amministrazioni pubbliche dovrebbero - in virtù di quella riforma -
predisporre un programma triennale per la trasparenza e dei piani per
la performance. La legge prevede anche premi per i dirigenti e gli
impiegati più meritevoli. Ma le PP.AA., sia centrali che locali, che
hanno proceduto in questa direzione sono ancora pochissime. La stessa
Civit - la Commissione indipendente per la integrità, la trasparenza e
la valutazione - che dovrebbe promuovere e favorire l’attuazione della
riforma si è distinta per l’immobilismo e l’inefficienza (per non
parlare della scarsa integrità…).
No. Non ci siamo. In questi tre anni, invece di attuare la legge, i
governi hanno tagliato i servizi ai cittadini. Le organizzazioni
civiche hanno offerto il loro contributo senza ricevere la stessa
disponibilità. Dal Ministro Patroni Griffi ci aspettiamo, dunque, una
iniziativa decisa per far funzionare le amministrazioni pubbliche con
gli strumenti che sono già disponibili e con la partecipazione diretta
dei cittadini. Non ci piace che si confondano ulteriormente le
responsabilità aumentando la nebbia delle leggi con l’ennesima riforma
annunciata.
(Questo contributo proviene dalla Campagna Ridateceli! di Cittadinanzattiva)
Vittorino Ferla
v.ferla@cittadinanzattiva.it
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