sabato 12 maggio 2012

Il welfare alla rovescia: quei medici professionisti della truffa

C’è un medico a Terni che possiede una Mercedes da 65 mila euro. Nulla di male, no? Peccato però che nella sua dichiarazione dei redditi ne dichiari solo 10 mila. Succede così. E questo è solo uno dei tanti casi di professionisti ‘pizzicati’ negli ultimi mesi dalla Guardia di Finanza nel quadro di un programma finalmente importante di lotta all’evasione fiscale.
Dall’inizio dell’anno ad oggi - la notizia è uscita su Repubblica - 190 milioni di imponibile Irpef sono stati sottratti al Fisco mentre mancano all’appello 32 milioni di Iva. Sono cifre importanti che ricadono anche sui conti pubblici e sulla qualità della vita dei cittadini. Il motivo è semplice. A redditi e patrimoni non dichiarati corrisponde meno gettito e, di conseguenza, meno risorse a disposizione dei servizi dello stato sociale.
I casi più esecrabili, dal punto di vista di un cittadino, sono proprio quelli dei medici che approfittano dell’intramoenia allargata: l’attività che, in quanto dipendenti di una Asl, possono esercitare presso studi specialistici esterni alla struttura sanitaria, ma sempre per conto dell’azienda pubblica.
Il meccanismo funziona così: il medico svolge la sua prestazione e il corrispettivo percepito viene fatturato dalla Asl che riceve una percentuale pari al 25 per cento del corrispettivo. Ma se il medico non emette il documento fiscale e nasconde la prestazione all’amministrazione sanitaria intasca tutto il prezzo della visita. Non soltanto, quindi, siamo in presenza di evasione fiscale, ma anche di truffa ai danni dell’erario da parte di un dipendente ‘infedele’.
Proprio questo tema del danno erariale è una delle principali frontiere di azione per la Corte dei conti. Quest’anno la Corte ha contestato danni erariali contro il Servizio sanitario nazionale per 333 milioni di euro, in molti casi ancora in attesa del giudizio contabile. Nel 2011 sono stati già notificati 22 milioni di euro di risarcimento.  
Secondo la relazione annuale stilata dalla Corte dei conti, “la sanità conferma di essere un terreno abbastanza fertile per il verificarsi di fattispecie dannose per la finanza pubblica”. Le stesse informazioni emergono dai recenti rapporti della Guardia di Finanza sulle truffe nelle Asl.
Che cosa si potrebbe fare con quei 333 milioni sottratti al welfare statale e già contestati? Certamente tanto. Per esempio, si potrebbe rifinanziare uno a piacere dei vari fondi sociali azzerati in questi anni. Oppure acquistare nuovi dispositivi tecnologici per i malati nell’ambito di un aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza bloccati da anni. Oppure ancora stabilire finalmente la rimborsabilità di farmaci più appropriati per il contrasto a determinate malattie croniche.
Bastano pochi esempi per spiegare qual è il danno che questi medici-dipendenti arrecano, con i loro comportamenti illeciti, alla intera comunità civile. Quando si parla di sostenibilità dei servizi del welfare bisognerebbe ripartire da qui.

Vittorino Ferla
v.ferla@cittadinanzattiva.it

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